Suzanne
Vin-tage oppure vintage: emozioni in movimento
Chi come me ha la passione dell’usato, e di conseguenza del vintage, ha la sana abitudine di frequentare i mercatini, preferendo quelli in spazi aperti, che non chiusi e stipati in freddi ed anonimi capannoni. Tutto alla luce del sole: splendenti lampadari con gocce di simil-cristallo, che al buio sembrerebbero spenti; illuminati dai raggi del sole, invece, prendono vita, proponendosi ai nuovi acquirenti per una nuova vita. Utensili arrugginiti, chiavi antiche, abiti fuori moda, e chissà quanti altri articoli riprendono l’antica vigoria e la luce che meritano.
Il giradischi
Così, passeggiando tra i vari banchi, a caccia di emozioni, il mio sguardo si posò su di un vecchio giradischi. Piccola trattativa con il venditore, e mi porto a casa questo oggetto, che mi riserverà delle sorprese.
Una volta arrivato a casa e aver sentito l’ennesimo rimprovero dei miei famigliari del tipo Ma papi, cosa te ne fai di quel rabadan? Non sai che esistono le chiavette USB, you tube, ed i CD? e mia moglie: ecco un altro ciapapuver – li lascio dire, tanto è sempre la stessa solfa…e mi avvio verso il tavolo, sul quale poso l’oggetto tanto desiderato; apro il coperchio di plastica verde, e ci trovo un disco in vinile, un 45 giri, appoggiato sul piatto.
Sembrava aspettare proprio me.
La sorpresa
Non mi aspetto che la puntina legga i solchi del piccolo disco, ma leggendone il titolo, mi viene un tuffo al cuore; Leonard Cohen (l’autore della più famosa Alleluja) con Suzanne.
In un attimo torno ai miei vent’anni , neopatentato, pazzo come un cavallo. Io e la mia Fiat 127 rosso fuoco, a sfrecciare per le colline della Langa. Mi ero innamorato, se così si può dire, ( forse meglio infatuato) di una ragazza che abitava vicino a casa mia, di nome Susanna; ah, come me la ricordo… a dire il vero, ricordavo di più le sue magliette attillate – mi perdonerete, ma a vent’anni è l’ormone che comanda, come negare la verità.
Ero riuscito a riprodurre la canzone Suzanne su di una “cassetta magnetica” e, talmente mi piaceva, ero riuscito a riprodurla per venti volte, e la ascoltavo in continuazione. Cohen compose quel pezzo, dopo aver conosciuto la compagna di un suo amico pittore, o scultore, non ricordo bene. Mi ricordo però molto bene il ritornello e le parole delle strofe. Parlava di arance che arrivavano dalla Cina, e di Gesù che era un marinaio. Ma il tono con cui Leonard cantava Suzanne, lasciava intuire molto sulle sue intenzioni: sembrava che le stesse parlando, cercando di convincerla a…
Susanna
Quella sera la mia Susanna, invece, mi stava aspettando come sempre davanti a casa sua. I seni prorompenti e le labbra di fuoco incendiavano quel tramonto fiabesco che si stava delineando dietro la collina. Salì in auto, sulla mia 127 rossa, come il colore del sole che stava tramontando, e delle sue labbra.
“Saremo per sempre amici, me lo prometti?”
“Beh” risposi io “vorrei essere qualcosa in più di un amico, Susanna…”
Guidavo senza una meta, abbagliato da cotanta esagerazione femminile. “Gira qui, saliamo sulla collina, ti faccio raccogliere ed assaggiare qualcosa di cui tu ne sei ghiotto”. Mi vedevo già con la faccia immerso in quei materni seni, accoglienti, un rifugio nel quale abbandonarsi e lasciarsi andare. “Fermati là vedi, dove c’è uno spiazzo” mi ordinò con fermezza.
La luce se ne stava andando ( giugno regala sempre più ore di luce che di buio).
“E allora, Susanna? Cosa siamo venuti a fare qui?” dissi con una certa baldanza. Lei i prese la testa nelle sue mani affusolate, stringendo i miei ricci neri come l’inchiostro. “Stai fermo qui, aspettami un attimo”.
Penso di non avere respirato per oltre cinque minuti, battendo ogni record di apnea.
Poi entrò di nuovo in auto, ed io sentii il suo profumo entrarmi direttamente nelle narici.
Il gusto
“Apri la bocca” mi sussurrò. Come un automa, divaricai un poco le labbra, aspettandomi chissà quale sorpresa. Un oggetto sferico, liscio, profumato, se ne stava appoggiato sulla mia bocca. Provai ad addentarlo, riuscendoci. Poi aprii gli occhi , e vidi i suoi occhioni castani, ridere come non mai. Mi stava posando sulle labbra un enorme ciliegia gialla, di quelle introvabili, di cui ne andavo pazzo. Così la morsi un pochino, accettando le regole del giochetto di Susanna. Dopo la prima, la seconda e poi la terza; dolcissime, gustosissime, di un profumo inebriante.
“Scendiamo adesso” mi sussurrò. Si tolse le scarpette da tennis bianche e blu, ed altrettanto feci io. Salimmo sul cofano della 127 rossa, che casualmente era proprio sullo spiazzo sotto la pianta di ciliegie. Iniziammo così a raccoglierne qualcuna, e poi altre ancora, e lei rideva, ed io ero molto preoccupato di non piegare il cofano dall’auto; cosa avrei raccontato poi a mio padre? Ma una voce poco amica interruppe quel nostro momento: era il padrone della pianta, che stava venendo verso di noi, con fare minaccioso.
In un baleno fummo di nuovo sull’auto, ed in pochissimi secondi mi avviai giù per la collina.
“Pericolo scampato!” urlò con forza Susanna. “Si, hai ragione. Ma abbiamo lasciato a terra le nostre scarpe…”
Susanna rise ancora più forte, dei miei e dei suoi piedi nudi.
“Saremo per sempre amici, saremo per sempre amici” continuava a ripetere, come una cantilena.
Io non le risposi, perché ovviamente desideravo altro, cioè, l’amicizia è una gran bella cosa, ma Susanna: non te lo posso promettere.
Suzanne takes you down to her place near the river, you can hear the boats go by, you can spend the night beside her, and you know she is half-crazy
L’addio
Ci perdemmo di vista, forse apposta, per non fare si che i nostri sentimenti sfociassero in qualcosa d’altro, per aver paura di innamorarsi troppo.
“Papà sveglia! Allora, questo disco, ci vuoi raccontare..?”
“Un’altra volta ragazzi, un’altra volta”
And she lets the river answer, that you’ve always been her lover
Fausto Marengo
Il nostro consiglio di lettura
L’immagine di Susanna non è certo qualcosa di nuovo: la ragazza affascinante di cui i giovani adolescenti si infatuano, sognando invano di farla innamorare di loro. Abbiamo quindi associato al racconto la lettura di un romanzo di Mario Vargas Llosa ricco di passione, gioia, amicizia, disperazione. Stiamo parlando di Avventure della ragazza cattiva.
Nel 1950 il giovane Ricardo scopre di essere innamorato di una ragazza cattiva, una niña mala che lo fa impazzire con il suo charme ma gli dice sempre di no. Quando le loro strade si separano, Ricardo si trasferisce a Parigi. Ma anche qui la niña mala riappare, in una nuova versione: una militante del Mir in partenza per Cuba, dove verrà addestrata alla guerriglia.
Da allora, nella vita di Ricardo, si alternano il lavoro di interprete e i tormenti che la ragazza cattiva gli infligge, in un crescendo che porterà il protagonista ad affrontare il suo vero sogno: scrivere.