L’Antonia
di Manuela

Quando vai al Salone del Libro, sai che entrerai in un mondo fatto di pagine, storie, racconti, romanzi, illustrazioni; sai che ci saranno infiniti stand di case editrici pronte a presentarti le ultime uscite o i titoli più interessanti; ti immergerai nell’universo della letteratura e ne uscirai ricoperta di nuove parole.
Quello che non ti aspetti, è che percorrerai anche sentieri di montagna, respirerai l’aria della Grigna, osserverai rifugi, piccole chiese e stelle alpine. E tutto questo accadrà quando entrerai nella Sala Granata e ascolterai Paolo Cognetti raccontare Antonia Pozzi.
Nel volume L’Antonia della collana Passi di Ponte alle Grazie, in collaborazione con il CAI, Cognetti racconta Antonia Pozzi attraverso Milano, le sue vie, le persone che l’hanno attraversata, le montagne a poca distanza dalla città, la fotografia, le lettere, le poesie. Perché Antonia, per chi non lo sapesse, era una poetessa. Una scrittrice dalla penna elegante e delicata, coraggiosa e sensibile.

Antonia
Da sempre Milano sviluppa nei suoi inquilini un grande desiderio di andar via, di evadere, per poi, con il tempo, tornare. E Antonia è così, ha in se questo forte desiderio di evasione e libertà. Iscritta al CAI, fin da bambina frequenta le cime: essendo parte integrante della sua educazione, attraverso i sentieri in salita e le gite ad alta quota impara la determinazione e la sopravvivenza, iniziando ad accettare la montagna come una vera e propria maestra di vita.
Ma la sua formazione non si ferma all’ascensione e ai paesaggi incontaminati. Antonia infatti, figlia di una coppia facoltosa della Milano bene, frequenta il Liceo Manzoni, studia inglese a Londra e tedesco in Austria, e prosegue gli studi fino all’università, diventando insegnante.
Il liceo e Antonio Maria Cervi
Gli anni del liceo sono quelli che segnano per sempre la sua vita, infatti proprio al ginnasio inizia a scrivere poesie, quando ha inizio la sua relazione con il professore di greco e latino Antonio Maria Cervi. In lui Antonia riconosce l’amore per la cultura, per la poesia, per il sapere, quella necessità di raccontare per accogliere, di insegnare per liberare. La sua sensibilità di giovane poetessa coglie il fascino del dolore e della solitudine che abitano in Cervi, ma l’intensa storia d’amore che prende forma tra i due viene ostacolata e stroncata dal padre di Antonia, l’avvocato Roberto Pozzi.

La fotografia
Tra i vantaggi legati alle disponibilità economiche della sua famiglia, Antonia coglie la possibilità di avere una macchina fotografica. E osservando il mondo attraverso l’obiettivo, ferma nel tempo quelle scene semplici e leggere, calme, profonde, cattura il sentimento nascosto di ciò che la circonda, trasforma la poesia in immagini. Scatta foto di altipiani, volti di bambini, montanari, contadini. Scatta i paesaggi vicino alla casa di Pasturo, fatti di rocce alpine e percorsi selvaggi. Scatta immagini di arrampicate, rifugi, respiri.
Nei lunghi periodi passati ai piedi della Grigna compone poesie di uno splendore disarmante: le immagini che osserva si traducono in selvatica narrazione, i pensieri e le riflessioni attraversano l’inchiostro realizzando quadri intensi e delicati.
Ho gridato di gioia, nel tramonto.
Cercavo i ciclamini fra i rovai:
ero salita ai piedi di una roccia
gonfia e rugosa, rotta di cespugli.
Sul prato crivellato di macigni,
sul capo biondo delle margherite,
sui miei capelli, sul mio collo nudo,
dal cielo alto si sfaldava il vento.
Ho gridato di gioia, nel discendere.
Ho adorato la forza irta e selvaggia
che fa le mie ginocchia avide al balzo;
la forza ignota e vergine, che tende
me come un arco nella corsa certa.
Tutta la via sapeva di ciclami;
i prati illanguidivano nell’ombra,
frementi ancora di carezze d’oro.
Lontano, in un triangolo di verde,
il sole s’attardava. Avrei voluto
scattare, in uno slancio, a quella luce;
e sdraiarmi nel sole, e denudarmi,
perché il morente dio s’abbeverasse
del mio sangue. Poi restare, a notte,
stesa nel prato, con le vene vuote:
le stelle – a lapidare imbestialite
la mia carne disseccata, morta.
[Canto Selvaggio]
E poi?
La vita di Antonia Pozzi è un intreccio di vimini, un racconto ricostruibile solo attraverso la sua produzione e le sue lettere. I torrenti, il sole, la Milano degli anni ’20, i fiori, la neve, i muri, le nuvole, l’amore. La sua breve vita è raccontata con grazia in questo libro a cura di Paolo Cognetti, scrittore, documentarista e abitante della montagna incontaminata.
Uscendo dalla Sala Granata, attraversando i prati e i sentieri attraverso i quali ci ha condotto la voce di Cognetti, l’impatto con il mondo esterno è forte, violento. Abbandonare il silenzioso paesaggio delle parole di Antonia Pozzi è difficile.
Diventa quasi necessario cercare nel frastuono il rumore dei propri passi, il suono del proprio respiro.
E poi, nella luce calda di un pomeriggio di maggio, aprire il libro L’Antonia e iniziare a camminare.