La musica racconta
La musica ci appartiene e ci interpella più che mai.
La musica racconta. Claudio Abbado, il più grande direttore d’orchestra del secondo Novecento, così si esprimeva: “La malattia mi ha insegnato quel che conta: musica e affetti”. Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro.
Nella musica c’è una grande sfida alle nostre esistenze, più o meno problematiche e idee di futuro a cui guardare. È vivo il suo messaggio. È viva la battaglia per una musica libera e per tutti; sono vivi i suoi passi nelle nostre vite. Mozart diceva che la musica più profonda è quella che si nasconde tra le note. È un’idea incredibile: tra una nota e l’altra, anche se strettamente legate, c’è l’infinito. Il mistero è lì, in quello spazio che racchiude l’universo.
La musica come itinerario
“Seguire” la musica è un itinerario entusiasmante e dal fascino antico, fra sale prove, sul palco, tra le quinte … anche della nostra vita. Perché il viaggio, per i veri viaggiatori, non ha fine. Cercando di capire il messaggio che un brano musicale racchiude, di cogliere ciò che sta dietro le note, di trovare il coraggio di affacciarsi all’ignoto, di sporgersi nel vuoto, sulla voragine di mistero che è il cuore ineffabile di quella musica.
La musica ci ricorda le nostre utopie, i nostri vizi, i nostri incontri e i nostri amori, i momenti lieti e quelli drammatici che abbiamo vissuto. Con l’irrompere sulla scena di un vitalismo sfacciato, la musica resiste alle spallate dell’impazienza e alla volubilità del gusto adolescenziale … talvolta con quell’impasto di sensualità e beffa da lasciarci senza fiato.
“La musica?”, raccontava Fabrizio De Andrè, “Mi sedusse un po’ alla volta. Cominciò con qualche mormorio fioco, poi divenne balbuzie e piano piano acquistò la franchezza di un linguaggio che era il mio. La musica fu una necessità”, necessità di libertà.
Necessità di raccontare di santi e di dannati in un viaggio tra la desolazione, la feroce allegria e la purezza cialtrona che crescono, come erba spontanea, fuori delle porte della nostra civiltà, sul ciglio della strada polverosa.
La musica è una storia di speranza.
Il messaggio del suo valore terapeutico, a livello personale e sociale, lo abbiamo condiviso con Ezio Bosso. La musica è la storia di come stare al mondo, e di come vivercelo. È una storia sul nutrirsi del cuore, della mente, delle emozioni, che a pensarci è la storia dell’essere vivi. E, cosa ancora più importante, la musica è una storia sul voler essere vivi. La vita inizia con la musica o si può dire che la musica inizia con la vita, un ritmo ancestrale. La musica è “intervallo del cuore”, perché è un battito cardiaco quasi libero. Forse è per questo che il nostro rapporto con la musica è sempre in bilico tra stupore incredulità e ammirazione. “Amo passeggiare tra i boschi dell’Engadina”, ricordava Abbado, “nella cui quiete colma di suoni segreti scopro il senso profondo della musica”.
La potenza della musica
Il Maestro Riccardo Muti condivide una riflessione sulla scoperta della potenza della musica e dei segreti della partitura, che un gesto del direttore d’orchestra può trasformare in un’emozione capace di raggiungere il cuore di tutti. È stato detto che conta poco discutere se la musica abbia un significato e un contenuto; vale assai meglio assumerlo. Pensateci, succede proprio questo quando assistiamo a un concerto e sentiamo che l’occhio ne è commosso quanto l’orecchio! In questa attitudine consiste la premessa per l’identificazione da parte del pubblico, per la nostra identificazione. La musica è il nostro passo più umano ed emozionante che ci conduce a vivere e a condividere.
Può spingere l’immaginazione a vagare verso l’infinito sfiorando significati profondi che vanno oltre il limite umano, al di là della evocazione di suggestioni immediate e potenti. Ha una forza di inaudita espressività che agisce sulla nostra percezione della musica stessa. È come se tra noi e la musica si stabilisse un atto d’amore. La musica è come ognuno sente.
Il linguaggio della musica
Per C. Lévi-Strauss il fatto “che la musica sia un linguaggio atto a elaborare messaggi, i quali sono compresi, almeno in parte, dall’immensa maggioranza, mentre solo una minoranza è in grado di emetterli, fa del creatore di musica un essere simile agli dei e della musica stessa il supremo mistero delle scienze dell’uomo, che custodisce la chiave del loro progresso”. Ma il grande jazzista Frank Morgan ci ricorda che nessun artista può conoscere solo il successo e la realizzazione, che la vita di chiunque è fatta di alti e bassi e che le crisi, gli smottamenti e le battute di arresto possono rappresentare fasi di grande ispirazione, se riusciamo a ritrovare la forza e la determinazione per affrontare l’origine di quei conflitti interiori e rivolgerli a nostro favore e non contro di noi.
È indiscutibile che la modalità di ricezione e di rielaborazione dei nuovi linguaggi sia una questione centrale per ogni musicista che voglia vivere nel proprio tempo. La musica non ha confini e noi siamo parte di uno spartito che unisce singole note. In questo tempo più di sempre.
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