Cinque domande con Luca Giordano

Questa settimana abbiamo preso un caffè virtuale con lo scrittore Luca Giordano.
Abbiamo letto con piacere il suo Qui non crescono i fiori e seguiamo divertiti le vicissitudini sue e del suo bellissimo cane, Maratona. Pensando al suo percorso cinematografico e letterario, abbiamo formulato alcune domande per soddisfare piccole curiosità.
Come presenteresti te stesso e il tuo lavoro a un pubblico che non ti conosce?
Allora, mi immagino seduto in un cerchio tipo alcolisti anonimi e mi presenterei così: Sono Luca, leggo da tipo sempre, scrivo immagini, vado al cinema e a un sacco di concerti. Tifo Toro.
A essere più professionale direi: Sono Luca, ho studiato cinema per anni e alla fine mi son ritrovato anche a scrivere per il cinema e la televisione. Ho scritto un romanzo pubblicato e uno che non pubblicherò mai.
Sappiamo (o meglio, abbiamo letto nella tua bio) che sei diplomato in sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e che scrivi sia per il cinema sia per la televisione; hai in cantiere qualche progetto riguardante l’ambito cinematografico?
Ci sono alcuni progetti in cantiere, alcune cose certe e alcune che sono nel limbo. A giugno uscirà la seconda stagione di Summertime, su Netflix, in cui firmo tre episodi e sto lavorando a un paio di film che però sono ancora in fase di sviluppo.
Cosa pensi riguardo alla delicata condizione in cui ritroviamo oggi i luoghi destinati alla cultura, come musei, teatri e biblioteche, a seguito dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo da oltre un anno?
Mi sembra non ci sia abbastanza sostegno da parte del governo e nel primo periodo ho anche notato una certa difficoltà a organizzare una buona forma di protesta contro questa grave miopia. In un mondo in cui solo chi alza la voce riesce a farsi sentire credo ci sia bisogno di associazionismo e lotta – chiaramente, in un caso come questo, nel pieno rispetto delle regole sanitarie – per chiedere diritti e sostegno a un mondo così colpito. E quindi ben vengano i bauli in piazza o altre forme di protesta come l’occupazione del Globe Theatre a Roma. E spero che, quando finisca tutto, ci si renda conto come tutte le forme artistiche ci abbiano aiutato in questo periodo e che ci sia sempre più voglia di andare in biblioteca, a teatro, al cinema. Ai concerti.
Ora una domanda più personale: sappiamo che sei un grande tifoso del Torino Calcio: se dovessi fare un parallelismo tra questa passione sportiva e la tua passione letteraria, quale sarebbe? Quali emozioni secondo te accomunano il calcio e la lettura?
Domanda da un milione di dollari. Da tifoso del Toro e amante di libri che ti massacrano l’anima ti potrei dire la sofferenza, ma sarebbe solo una battuta. Diciamo che leggere un buon libro mi fa entrare in un mondo parallelo, un mondo che amo e da cui non esco facilmente, ed è più o meno la stessa sensazione che provo quando sono in curva, in Maratona. Da un buon libro e da lì non me ne andrei mai.
Dato il tuo percorso di studi molto interessante, che abbiamo già precedentemente citato, vorremmo chiederti come ultima domanda se hai uno o più titoli da consigliare ai nostri lettori di cui hai pienamente apprezzato sia il libro sia la sua trasposizione cinematografica o televisiva.
Non sono uno di quelli che dice “era meglio il libro” ché credo siano mezzi così diversi che non ha troppo senso metterli in relazione. Spesso cerco di non pensare che siano tratti da un libro, ad esempio. The Road di McCarthy è uno dei miei libri preferiti e mi son gustato anche il film. Altro discorso è di quali libri che amo mi piacerebbe fare una trasposizione e ti direi Mentre morivo di Faulkner e Sylvia di Leonard Michaels. E non mi dispiacerebbe trasporre il mio, ovviamente.
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